Il Kosovo è uno stato molto giovane, autoproclamato indipendente
nel 2008 è un territorio amministrato dall’ONU.
Tecnicamente non esiste: è riconosciuto solo da alcuni stati membri (come Italia, USA, Regno Unito), mentre non è riconosciuto da altri stati membri (come la Russia o la Cina).
E’ un non luogo…e facendo parte del circo dell’immaginario e dell’assurdo ospita in sé situazioni immaginarie e assurde.
Kosovska Mitovica ne è un esempio.
Considerata come il capoluogo settentrionale del Kosovo è stata centro di scontri violenti e di contese anche per via del colossale impianto di Trepca, all’epoca fiorente e ricco centro minerario, che vantava più di 20,000 impiegati, rappresentava una vera ricchezza per questo territorio della ex Jugoslavia, oggi ridotta a una discarica di rifiuti tossici a cielo aperto, semi-abbandonata, arrugginita e danneggiata.
Mitrovica è divisa in due dal fiume Ibar che non ne segna solo un confine geografico ma anche etnico e sociale. La parte a nord è abitata in grandissima parte da serbi, a sud abitano solo albanesi. Le due zone sono collegate da tre ponti.
Il ponte, most, che solitamente è simbolo dell’unione, a Mitrovica rappresenta la divisione, la separazione. Il ponte è la terra di nessuno, ma è anche la terra di tutti. Il ponte è simbolo dei sussulti della storia e delle antiche dispute. Il ponte di Mitrovica è presidiato da forze militari, prima dell’ONU ed ora dell’EULEX, con l’obiettivo di evitare che eventuali contatti tra le due etnie inneschino scontri violenti.
Incontriamo dei carabinieri italiani sul ponte: si domandano che cosa facciamo li, non è assolutamente un posto da visitare.
La città ha quindi due differenti amministrazioni, due lingue, due diversi modi di scrivere. Persino Trepca al suo interno è divisa fra lavoratori serbi e albanesi.
Anche il cimitero è diviso in due. Per uno strano scherzo del destino la parte del serba del cimitero si trova in territorio albanese e viceversa.
Il cimitero serbo è stato bombardato, la chiesa al suo interno distrutta, le tombe profanate, danneggiate, le lapidi capovolte a sfregio…eppure i vivi vanno ancora a trovare i propri morti, mettendo in pericolo se stessi. Cittadini della città, nel lato sbagliato della città.
Un gruppo di bambini ci segue allegro, lungo il viale che porta al cimitero, incuriositi dalle macchine fotografiche, sorridono e urlano, si avvicinano senza paura. Ma quando ci vedono passare l’ingresso si bloccano e fino a che, camminando, spariscono alla nostra vista, li sentiamo chiedere a gran voce:
”Che cosa andate a fare li dentro?”
“Perché entrate li dentro?”
Tecnicamente non esiste: è riconosciuto solo da alcuni stati membri (come Italia, USA, Regno Unito), mentre non è riconosciuto da altri stati membri (come la Russia o la Cina).
E’ un non luogo…e facendo parte del circo dell’immaginario e dell’assurdo ospita in sé situazioni immaginarie e assurde.
Kosovska Mitovica ne è un esempio.
Considerata come il capoluogo settentrionale del Kosovo è stata centro di scontri violenti e di contese anche per via del colossale impianto di Trepca, all’epoca fiorente e ricco centro minerario, che vantava più di 20,000 impiegati, rappresentava una vera ricchezza per questo territorio della ex Jugoslavia, oggi ridotta a una discarica di rifiuti tossici a cielo aperto, semi-abbandonata, arrugginita e danneggiata.
Mitrovica è divisa in due dal fiume Ibar che non ne segna solo un confine geografico ma anche etnico e sociale. La parte a nord è abitata in grandissima parte da serbi, a sud abitano solo albanesi. Le due zone sono collegate da tre ponti.
Il ponte, most, che solitamente è simbolo dell’unione, a Mitrovica rappresenta la divisione, la separazione. Il ponte è la terra di nessuno, ma è anche la terra di tutti. Il ponte è simbolo dei sussulti della storia e delle antiche dispute. Il ponte di Mitrovica è presidiato da forze militari, prima dell’ONU ed ora dell’EULEX, con l’obiettivo di evitare che eventuali contatti tra le due etnie inneschino scontri violenti.
Incontriamo dei carabinieri italiani sul ponte: si domandano che cosa facciamo li, non è assolutamente un posto da visitare.
La città ha quindi due differenti amministrazioni, due lingue, due diversi modi di scrivere. Persino Trepca al suo interno è divisa fra lavoratori serbi e albanesi.
Anche il cimitero è diviso in due. Per uno strano scherzo del destino la parte del serba del cimitero si trova in territorio albanese e viceversa.
Il cimitero serbo è stato bombardato, la chiesa al suo interno distrutta, le tombe profanate, danneggiate, le lapidi capovolte a sfregio…eppure i vivi vanno ancora a trovare i propri morti, mettendo in pericolo se stessi. Cittadini della città, nel lato sbagliato della città.
Un gruppo di bambini ci segue allegro, lungo il viale che porta al cimitero, incuriositi dalle macchine fotografiche, sorridono e urlano, si avvicinano senza paura. Ma quando ci vedono passare l’ingresso si bloccano e fino a che, camminando, spariscono alla nostra vista, li sentiamo chiedere a gran voce:
”Che cosa andate a fare li dentro?”
“Perché entrate li dentro?”