Sono passati moltissimi anni dalle foto sbiadite di mio padre che mi portava allo zoo assieme a mio fratello.
Foto sbiadite, ricordi sbiaditi, ma una leggera sensazione di tristezza che ci suggerisce la mente nell’osservare degli animali sotto chiave. L’ultimo ricordo del bioparco è dell’adolescenza e risale all’epoca in cui l’ingresso era gestito con i tornelli automatici e non con le persone vere…alle scimmie si dava ancora da mangiare di nascosto perché la gabbia era a portata di mano….e con la stessa vibrazione nostalgica della voce mi torna tra i ricordi la canzone Perfect Day di Lou Reed “Just a perfect day feed animals in the zoo”.
Oggi non si può dare da mangiare agli animali, non è solo una questione di educazione, i cartelli vicino ai recinti ci suggeriscono di non farlo per il benessere degli animali stessi e ci autorizzano a rimproverare i poveri disgraziati a cui è morta la maestra alle elementari e che quindi non sanno leggere. Il Bioparco si veste di abiti completamente nuovi (e per fortuna la moda degli anni ’80 è passata anche qui), ci parla di conservazione e di rispetto, di ricerca ed educazione.
Ci sono molti vetri e la distanza dagli animali è davvero minima, la sensazione è quella di respiro e di apertura, di contatto e di condivisione.
Passo una giornata al Bioparco con i miei bambini e scopro che loro sono contenti…è pieno di gente di domenica, non penso sia un caso, né un episodio di telepatia collettiva, mi sembra più un fatto di piacevole scorrere del tempo.
Si sta bene al Bioparco, le aree sono tutte ben attrezzate, ben spiegate, ci sono mostre, iniziative…le persone che si occupano dei pasti degli animali sono preparate e gentili. Mi diverto persino io che non amo per niente la fotografia naturalistica…sarà il clima svagato e disteso, o magari la fortuna di avere il sole dalla nostra.
Ma quando guardo le mie foto, a dispetto dei colori sgargianti non posso che pensarle in bianco e nero…sono così vicine che di sicuro sto cercando qualcosa.
Cerco la risposta a quella sensazione di tristezza nascosta durante la visita allo zoo, cerco di sentire quello che gli animali mi dicono e improvvisamente penso che non sia cambiato molto della consistenza dei miei ricordi di bambina, penso di non aver fatto nemmeno una foto ai miei figli insieme agli animali, penso a tutte le persone che continuano a battere il pugno sui vetri per attirare l’attenzione delle bestie....e penso di voler tornare al Bioparco in un giorno di pioggia.
Foto sbiadite, ricordi sbiaditi, ma una leggera sensazione di tristezza che ci suggerisce la mente nell’osservare degli animali sotto chiave. L’ultimo ricordo del bioparco è dell’adolescenza e risale all’epoca in cui l’ingresso era gestito con i tornelli automatici e non con le persone vere…alle scimmie si dava ancora da mangiare di nascosto perché la gabbia era a portata di mano….e con la stessa vibrazione nostalgica della voce mi torna tra i ricordi la canzone Perfect Day di Lou Reed “Just a perfect day feed animals in the zoo”.
Oggi non si può dare da mangiare agli animali, non è solo una questione di educazione, i cartelli vicino ai recinti ci suggeriscono di non farlo per il benessere degli animali stessi e ci autorizzano a rimproverare i poveri disgraziati a cui è morta la maestra alle elementari e che quindi non sanno leggere. Il Bioparco si veste di abiti completamente nuovi (e per fortuna la moda degli anni ’80 è passata anche qui), ci parla di conservazione e di rispetto, di ricerca ed educazione.
Ci sono molti vetri e la distanza dagli animali è davvero minima, la sensazione è quella di respiro e di apertura, di contatto e di condivisione.
Passo una giornata al Bioparco con i miei bambini e scopro che loro sono contenti…è pieno di gente di domenica, non penso sia un caso, né un episodio di telepatia collettiva, mi sembra più un fatto di piacevole scorrere del tempo.
Si sta bene al Bioparco, le aree sono tutte ben attrezzate, ben spiegate, ci sono mostre, iniziative…le persone che si occupano dei pasti degli animali sono preparate e gentili. Mi diverto persino io che non amo per niente la fotografia naturalistica…sarà il clima svagato e disteso, o magari la fortuna di avere il sole dalla nostra.
Ma quando guardo le mie foto, a dispetto dei colori sgargianti non posso che pensarle in bianco e nero…sono così vicine che di sicuro sto cercando qualcosa.
Cerco la risposta a quella sensazione di tristezza nascosta durante la visita allo zoo, cerco di sentire quello che gli animali mi dicono e improvvisamente penso che non sia cambiato molto della consistenza dei miei ricordi di bambina, penso di non aver fatto nemmeno una foto ai miei figli insieme agli animali, penso a tutte le persone che continuano a battere il pugno sui vetri per attirare l’attenzione delle bestie....e penso di voler tornare al Bioparco in un giorno di pioggia.