Alle quattro del mattino è ancora buio e quasi non si vede
niente, ma è tutta la notte che si sente vociare e la città è in fermento.
Mancano alcune ore alla sfilata del primo maggio e le persone si muovono prima dell’alba per arrivare a Plaza de la Revolucion, perché la zona sarà chiusa al traffico e sarà difficile raggiungerla a piedi.
L’aria del mattino non è frizzante solo per il fresco, è elettrizzata dal fervore di tutta questa gente…
Gruppi organizzati di lavoratori, molti in divisa con bandiere, striscioni, cartelli… giovani, vecchi, uomini, donne, bambini… un fiume umano che travolge e coinvolge.
La notte comincia appena a schiarire mentre la folla si raggruppa: è uno scenario surreale quello di un’alba che vede tanta gente ad accoglierla.
La marcia prima della marcia in un caos silenzioso. Perché nessun tamburo di giovani entusiasti, né radio che raccontano di rivoluzione, sono ancora in grado di spezzare il silenzio rispettoso delle prime luci del mattino, è quasi solenne l’eco scrocchiante degli altoparlanti che rimbombano…preparano, ma ricordano che non è ancora il momento.
E quando il momento arriva è incredibile: un’onda arriva potentissima e travolge, come l’acqua impazzita di una diga lacerata, trascina con se ogni cosa che incontra in un tumulto di scritte, slogan, urla, musica e sorrisi.
Più di un milione di persone, spalla contro spalla, che agita bandiere e cammina “con paso firme!” scandiscono gli altoparlanti lungo il percorso. Un percorso obbligato, dal quale non si può uscire, totalmente recintato dal servizio d’ordine, che parte dall’Avenida Paseo e punta dritto a Plaza de la Revolucion.
Ognuno è fiero di quello che porta addosso: una placchetta, una medaglia, un cartello scritto a mano, un lembo di bandiera… a vederli cos i cubani, orgogliosi e allegri, sbiadisce subito il ricordo delle parole di qualcuno che racconta che esiste un “registro delle presenze” alla sfilata e che chi non partecipa potrebbe avere dei seri problemi.
L’amor patrio dei cubani è sconfinato, prezioso come la liberta di cui raccontano, che gli appartiene nella testa e nel cuore, ma è leggenda, come il Che.
Chiedo in giro se ci saranno degli interventi politici, se qualcuno parlerà…mi guardano tra il perlplesso e il “dici sul serio?”, poi la risposta è accompagnata da un’aria davvero seria: “ se qualcuno deve parlare, può essere solo Fidel”.
Capisco di non capire.
Eccola qui questa Cuba sospesa nel tempo, ferma nel suo aspetto di splendida signora degli anni ’50, ferma nei suoi pensieri alla gloria di Fidel Castro, ferma nella sua economia di tutti eppure così complicata… ferma, con passo fermo…verso un futuro che ha tanta nostalgia del passato.
Mancano alcune ore alla sfilata del primo maggio e le persone si muovono prima dell’alba per arrivare a Plaza de la Revolucion, perché la zona sarà chiusa al traffico e sarà difficile raggiungerla a piedi.
L’aria del mattino non è frizzante solo per il fresco, è elettrizzata dal fervore di tutta questa gente…
Gruppi organizzati di lavoratori, molti in divisa con bandiere, striscioni, cartelli… giovani, vecchi, uomini, donne, bambini… un fiume umano che travolge e coinvolge.
La notte comincia appena a schiarire mentre la folla si raggruppa: è uno scenario surreale quello di un’alba che vede tanta gente ad accoglierla.
La marcia prima della marcia in un caos silenzioso. Perché nessun tamburo di giovani entusiasti, né radio che raccontano di rivoluzione, sono ancora in grado di spezzare il silenzio rispettoso delle prime luci del mattino, è quasi solenne l’eco scrocchiante degli altoparlanti che rimbombano…preparano, ma ricordano che non è ancora il momento.
E quando il momento arriva è incredibile: un’onda arriva potentissima e travolge, come l’acqua impazzita di una diga lacerata, trascina con se ogni cosa che incontra in un tumulto di scritte, slogan, urla, musica e sorrisi.
Più di un milione di persone, spalla contro spalla, che agita bandiere e cammina “con paso firme!” scandiscono gli altoparlanti lungo il percorso. Un percorso obbligato, dal quale non si può uscire, totalmente recintato dal servizio d’ordine, che parte dall’Avenida Paseo e punta dritto a Plaza de la Revolucion.
Ognuno è fiero di quello che porta addosso: una placchetta, una medaglia, un cartello scritto a mano, un lembo di bandiera… a vederli cos i cubani, orgogliosi e allegri, sbiadisce subito il ricordo delle parole di qualcuno che racconta che esiste un “registro delle presenze” alla sfilata e che chi non partecipa potrebbe avere dei seri problemi.
L’amor patrio dei cubani è sconfinato, prezioso come la liberta di cui raccontano, che gli appartiene nella testa e nel cuore, ma è leggenda, come il Che.
Chiedo in giro se ci saranno degli interventi politici, se qualcuno parlerà…mi guardano tra il perlplesso e il “dici sul serio?”, poi la risposta è accompagnata da un’aria davvero seria: “ se qualcuno deve parlare, può essere solo Fidel”.
Capisco di non capire.
Eccola qui questa Cuba sospesa nel tempo, ferma nel suo aspetto di splendida signora degli anni ’50, ferma nei suoi pensieri alla gloria di Fidel Castro, ferma nella sua economia di tutti eppure così complicata… ferma, con passo fermo…verso un futuro che ha tanta nostalgia del passato.