Quello che resta di uno dei conflitti meno compresi di
questa epoca si trova qui a Mitrovica.
È la sintesi di una guerra di odio, il distillato della situazione di due popoli che si sono sempre scontrati fra di loro.
Le regole del gioco qui sono piuttosto semplici: Mitrovica è attraversata da un fiume, che la divide in due, da una parte stanno i serbi, dall’altra gli albanesi.
I ponti sul fiume che collegano le due parti sono solo tre ed erano presidiati anche dopo la fine della guerra, in realtà erano presidiati fino al giugno 2014.
Chi ha fatto le regole del gioco e distribuito le parti però ha fatto un errore: anche il cimitero della città è diviso in due dal fiume, ma per uno strano scherzo del destino la parte serba del cimitero si trova in territorio albanese e viceversa. Il risultato è un orribile scenario: il lato serbo del cimitero è distrutto, la chiesa bombardata, le tombe profanate, la lapidi capovolte…un paesaggio desolato di abbandono e piante incolte, eppure la leggenda vuole che i serbi vadano ancora a visitare i propri morti….con i kalashnikov al braccio.
Voi certo comprenderete il mio stupore quando ho visto apparire quella bambina.
Ero li che scattavo foto alle tombe tra rovi e cani che saltavano dalle fosse e vedo questa figura rosso sbiadito che mi osserva immobile, senza alcun sorriso in faccia….
Mi chiedo dove abbia svuotato il suo sguardo…
E mi chiedo anche perché una bambina debba passare il suo tempo in un posto del genere: non è che una macchia che sbiadisce con il grigio di questo luogo.
Mi segue per un tempo infinito senza dire una parola, con la testa un po’ inclinata…non me la sento di fotografarla finche non mi parla.
Quando le offro le caramelle che ho in tasca la sua mano esce a metà da una manica lisa e vedo appena il tentativo di un sorriso. Che storia enorme c’è dentro a una cosa tanto piccola?
Mi dice pochissime cose: che abita li vicino, che suo padre non può lavorare, che sua madre è malata, che sua sorella è molto più bella di lei.
La saluto da lontano, come si saluta un quadro a una mostra di surrealismo prima di passare al quadro successivo….con il cuore confuso e minuscolo, con la testa sospesa sopra un mucchio di domande.
È la sintesi di una guerra di odio, il distillato della situazione di due popoli che si sono sempre scontrati fra di loro.
Le regole del gioco qui sono piuttosto semplici: Mitrovica è attraversata da un fiume, che la divide in due, da una parte stanno i serbi, dall’altra gli albanesi.
I ponti sul fiume che collegano le due parti sono solo tre ed erano presidiati anche dopo la fine della guerra, in realtà erano presidiati fino al giugno 2014.
Chi ha fatto le regole del gioco e distribuito le parti però ha fatto un errore: anche il cimitero della città è diviso in due dal fiume, ma per uno strano scherzo del destino la parte serba del cimitero si trova in territorio albanese e viceversa. Il risultato è un orribile scenario: il lato serbo del cimitero è distrutto, la chiesa bombardata, le tombe profanate, la lapidi capovolte…un paesaggio desolato di abbandono e piante incolte, eppure la leggenda vuole che i serbi vadano ancora a visitare i propri morti….con i kalashnikov al braccio.
Voi certo comprenderete il mio stupore quando ho visto apparire quella bambina.
Ero li che scattavo foto alle tombe tra rovi e cani che saltavano dalle fosse e vedo questa figura rosso sbiadito che mi osserva immobile, senza alcun sorriso in faccia….
Mi chiedo dove abbia svuotato il suo sguardo…
E mi chiedo anche perché una bambina debba passare il suo tempo in un posto del genere: non è che una macchia che sbiadisce con il grigio di questo luogo.
Mi segue per un tempo infinito senza dire una parola, con la testa un po’ inclinata…non me la sento di fotografarla finche non mi parla.
Quando le offro le caramelle che ho in tasca la sua mano esce a metà da una manica lisa e vedo appena il tentativo di un sorriso. Che storia enorme c’è dentro a una cosa tanto piccola?
Mi dice pochissime cose: che abita li vicino, che suo padre non può lavorare, che sua madre è malata, che sua sorella è molto più bella di lei.
La saluto da lontano, come si saluta un quadro a una mostra di surrealismo prima di passare al quadro successivo….con il cuore confuso e minuscolo, con la testa sospesa sopra un mucchio di domande.