Il saliscendi frenetico delle vie assolate di Istanbul è
intervallato dalle porte dei piccoli locali per turisti e dai manifesti che
invitano allo spettacolo dei famosi dervisci giranti.
Presentato come un cabaret del venerdi sera non è affatto invitante, inoltre nel nostro moderno occidente, il derviscio viene percepito come una scheggia impazzita che rotea come una trottola in preda a una sorta di raptus mistico.
Mi viene subito in mente il circo. Perchè penso che ci voglia una particolare abilità, come quella che hanno i ballerini, a girare su se stessi tanto velocemente senza perdere i sensi e cadere.
Sono lontana anni luce.
Sono lontana anni luce da una realtà profondamente spirituale.
“Iinvito all’amato” presso il teatro Argentina di Roma, sebbene a pagamento, non è uno spettacolo di danza, né di recitazione….non è uno spettacolo.
È la possibilità di poter comprendere e assistere a un rituale millenario.
La musica sembra ripetersi, rincorrersi con cadenza lenta e regolare, in realtà ad ogni inizio acquista impercettibilmente qualcosa, ad ogni inizio acquista anche un passo più veloce, più coinvolgente.
La voce incredibile dell’uomo che canta ad occhi chiusi proviene da un luogo molto lontano dalla sua gola….è la forma curva del pensiero che prega, il tessuto morbido e scuro del cuora che loda il suo dio.
E poi, seguendo uno schema assolutamente preciso di passi e movimenti, i dervisci cominciano a girare portando lentamente le braccia dal petto verso l’esterno, dall’abbraccio interiore a quello esteriore, in un infinito stringersi a se stessi.
L’anima di chi osserva si spalanca ad una irresistibile tenerezza e sorride alla scoperta di una dolcezza tanto grande.
Non c’è alcuna follia.
Le gonne bianche si aprono in maniera morbida, fluttuando sospese in un tempo che sembra non esistere: tutto è sospeso…come nei sogni.
I dervisci muoiono nel loro abbraccio, con il capo inclinato sulla spalla, in totale abbandono alla serenità.
Quando smettono di girare, avviene in modo estremamente fluido, quasi non ci si accorge del cambiamento… se non fosse per la gonna che lentamente richiude la sua ampiezza, sembrerebbero poter girare all’infinito.
No, non è uno spettacolo.
Nella sala stracolma regna un silenzio straordinario e, per fortuna, nessuno osa battere le mani.
Presentato come un cabaret del venerdi sera non è affatto invitante, inoltre nel nostro moderno occidente, il derviscio viene percepito come una scheggia impazzita che rotea come una trottola in preda a una sorta di raptus mistico.
Mi viene subito in mente il circo. Perchè penso che ci voglia una particolare abilità, come quella che hanno i ballerini, a girare su se stessi tanto velocemente senza perdere i sensi e cadere.
Sono lontana anni luce.
Sono lontana anni luce da una realtà profondamente spirituale.
“Iinvito all’amato” presso il teatro Argentina di Roma, sebbene a pagamento, non è uno spettacolo di danza, né di recitazione….non è uno spettacolo.
È la possibilità di poter comprendere e assistere a un rituale millenario.
La musica sembra ripetersi, rincorrersi con cadenza lenta e regolare, in realtà ad ogni inizio acquista impercettibilmente qualcosa, ad ogni inizio acquista anche un passo più veloce, più coinvolgente.
La voce incredibile dell’uomo che canta ad occhi chiusi proviene da un luogo molto lontano dalla sua gola….è la forma curva del pensiero che prega, il tessuto morbido e scuro del cuora che loda il suo dio.
E poi, seguendo uno schema assolutamente preciso di passi e movimenti, i dervisci cominciano a girare portando lentamente le braccia dal petto verso l’esterno, dall’abbraccio interiore a quello esteriore, in un infinito stringersi a se stessi.
L’anima di chi osserva si spalanca ad una irresistibile tenerezza e sorride alla scoperta di una dolcezza tanto grande.
Non c’è alcuna follia.
Le gonne bianche si aprono in maniera morbida, fluttuando sospese in un tempo che sembra non esistere: tutto è sospeso…come nei sogni.
I dervisci muoiono nel loro abbraccio, con il capo inclinato sulla spalla, in totale abbandono alla serenità.
Quando smettono di girare, avviene in modo estremamente fluido, quasi non ci si accorge del cambiamento… se non fosse per la gonna che lentamente richiude la sua ampiezza, sembrerebbero poter girare all’infinito.
No, non è uno spettacolo.
Nella sala stracolma regna un silenzio straordinario e, per fortuna, nessuno osa battere le mani.